20 ottobre 2011

E' una questione di stile.


Sicuramente, nel lavoro del disegnatore, la colonna portante del  professionismo e della tecnica, è rappresentata dalla conoscenza delle regole e della loro applicazione. Creare un fumetto è un processo lungo e faticoso che deve essere necessariamente smembrato in varie fasi (il metodo), pena il non saper gestire in maniera chiara tutti gli elementi che concorrono alla creazione di una buona storia disegnata: la narrazione, il ritmo, la leggibilità, le anatomie, le prospettive e chi più ne ha più ne metta. 

Nei miei corsi non parlo mai direttamente e chiaramente della ricerca di uno stile personale, mi spaventa l'idea che gli allievi possano essere  distratti, nella loro fase di apprendimento più importante, dalla volontà di infrangere subito le regole
Per molti versi lo stile è un percorso spontaneo e intimo, che non ha necessariamente bisogno di razionalizzazioni, prima o poi uscirà, insomma.

Da un po' di tempo a questa parte, invece, ho cercato di razionalizzare ciò che ho appena detto che secondo me non è necessariamente razionalizzabile :D. Ovvero, è chiaro che ai miei corsi non devo suggerire agli allievi di esprimere fin da subito se' stessi (farei loro bypassare una fase di studio fondamentale, e si ritroverebbero, dopo un po' di anni, a non saper  disegnare un'anatomia corretta), è chiaro che il percorso di studio degli allievi deve rivolgersi all'apprendimento delle regole base del nostro lavoro, per diventare  almeno, dei bravi professionisti, è vero che lo stile è una cosa intrinseca e spontanea, ma è pure vero che ognuno è libero e responsabile di fare quel cazzo che gli pare, e personalmente e ultimamente, ho fatto un percorso ben preciso per ciò che riguarda la definizione del mio stile  che in realtà stile non è  e che in realtà,  molto probabilmente, mi ha portato in questi anni ad interessanti "sconfitte".

Come ho scritto da qualche altra parte, tempo fa (non mi ricordo DOVE e QUANDO), personalmente credo che la ricerca sia un susseguirsi di sconfitte, per arrivare ad un risultato che non hai ben chiaro in testa. Ma, occhio, non ne sto parlando in accezione negativa. Le "sconfitte" di cui parlo io, non sono sconfitte "professionali", "editoriali"(non sto parlando di numeri di vendita, pubblicazioni ecc.), sto parlando dello stato di disagio intimo che si prova quando si cerca di raggiungere un'idea "complessa", non troppo chiara nella propria mente, e per questo difficile da poter sublimare sul foglio da disegno.
Una volta ho letto in una rivista (continuo a non ricordarmi DOVE e QUANDO...e nemmeno QUALE rivista), che se si chiede ad un artista in quale percentuale l'opera "finita" si avvicina alla sua idea iniziale, di media risponde intorno al 30%. E quel 70% rimanente, che è ciò che credi di non aver saputo raggiungere, ti fa stare veramente male.

Nel corso di questi pochi anni di attività mi sono reso conto, ma è facile intuirlo, che lo stile di disegno coinvolge solo in piccola parte il disegno vero e proprio. Se si parla di fumetti è bene ricordarsi sempre che tutto parte dalla narrazione. Esistono specifiche inquadrature, quindi, per raccontare uno stile piuttosto che un altro, le inquadrature usate in Dylan Dog, per esempio, non sono funzionali in Topolino; se volete disegnare Manga non potete usare il modo di narrare Francese e così via. Sembrano banalità, ma sono effettivamente quelle banalità, appunto, di cui non ci si preoccupa, ma che poi a conti fatti determinano il successo o l'insuccesso della vostra ricerca.

Parlando con un'amica, oggi, mi è uscita una bella idea, su come si possa scandire, semplificandolo, il meccanismo della ricerca stilistica. Presupponendo il fatto che voi siete partiti da un'idea, che volete raggiungere, e dobbiate realizzare 3 tavole da presentare ad un editore, ho individuato queste 3 sottolineature:

- la prima tavola di "prova" la usate per muovervi "alla cieca" attorno l'idea che volete raggiungere
- la seconda tavola di "prova" è il "climax" della vostra ricerca, la concentrazione e la lucidità sono al picco massimo, centrate il punto
- la terza tavola di "prova" è la semplificazione e l'incasellamento dello stile. Con la terza tavola di prova create, cioè, il metodo per affrontare una catena di montaggio professionale, che vi porta a consegnare alla scadenza tot numero di tavole, realizzate con il vostro nuovo stile.

Una volta che siete riusciti a trovare le inquadrature giuste, il ritmo giusto, le "proporzioni giuste" per il vostro disegno  e la colorazione corretta che "chiuda" il vostro pacchetto stilistico, siete esausti.
Ed è come mi sento io in questo momento, dopo aver passato gli ultimi mesi a cercare una soluzione per raccontare una visionaria storia scritta da un'illustratore/sceneggiatore/uomo con i contro-coglioni di nome Carlo Bocchio (che in questo momento mi sa che sta rischiando di annegare, travolto dal nubifragio di oggi a Roma, ed è per questo che ne approfitto per parlare un po' di lui e del nostro progetto, anche un po' per onorare la sua eventuale memoria ;))))).

Nel nostro progetto, di cui ancora non posso dire quasi nulla, ho raccolto, come ho già scritto in precedenza, i semini gettati in "1066" che ormai in queste nuove tavole sono diventati dei veri e propri "frutti". Ho cercato di fondere il segno a matita e il colore a tal punto che non si arrivi a capire cosa è disegnato e cosa è direttamente colorato cercando, inoltre, di raggiungere un certo tipo di "visione cinematografica" nel risultato grafico finale, attraverso dei "trick" di cui ora non posso parlare.

La ricerca stilistica adottata è stata guidata dalla necessità di trovare nuove soluzioni grafiche da applicare al nostro tanto amato media, attraverso, ancora, la "colorazione digitale" come base di partenza per scandagliare territori visivi ancora da esplorare. Ho già parlato in precedenza dell'accettazione dello strumento, l'amore-odio che provo per il computer e per la stessa colorazione digitale che però, quando viene accettata, risulta essere un pretesto davvero interessante per adottare nuove soluzioni visive. E non sto parlando di Cintiq, eh. Quella verrà, SE verrà, molto dopo. Il punto, qui, è capire cosa può dare la colorazione digitale al disegno, in termini di tridimensionalizzazione, gestione delle luci, scultura delle immagini, creazione di spazio.

Ecco, la creazione dello spazio, potrebbe essere una parola chiave, sufficientemente "criptica" per accennarvi le mie intenzioni in questo nuovo progetto. Progetto che, spero, riuscirete a vedere pubblicato tra non molto.

4 commenti:

  1. domanda sorge spontanea...stai lavorando a piu progetti.come gestisci i lavori?
    complimenti e grazie per la lezione-consiglio!

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  2. Voialtri mi manderete in rovina. Ho già in lista Dei e 1066 da comprare, più tanta altra roba di altri... Il mio portafoglio sta manifestando in piazza con tanto di lancio dell'estintore.

    Non puoi continuare a produrre figate, fai anche qualche schifezza ogni tanto!

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  3. Simone: rinunciando alla mia vita privata! :D faccio un post nei prossimi giorni per spiegare esattamente come faccio portare avanti molteplici progetti! :)

    Giorgio: beh considerando che io prenderò Law...siamo pari!!! ;)))))))))))) grazie infinite vecchio mio!

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  4. ah be' allora il discorso cambia. diventeremo ricchi muahahaha!

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