30 settembre 2011


Questa mattina al bar: 

Signora 1 (S1): "ehhsì! l'alimentazione è importante! Bisogna saper mangiare bene, e io modestamente mangio bene, signoramia!"

Signora 2 (S2): "oh che brava! e come si fa a mangiare bene? Cosa mangia lei?"

S1: "beh! io mangio POCO ma di TUTTO!"

S2: "ahh! ecco! quindi se ogni tanto mangio un po' di soppressa, che mi piace tanto?"

S1: "la mangio anche io! cosa crede?!...poca, ovviamente, ma ne mangio!"

S2: "ma anche i dolci?...io non riesco a resistere, se ho una scatola di cioccolatini, una via l'altro, me li mangio tutti!"

S1: "beh! sa cosa faccio io? un po' di biscotti, dopo ogni pasto! pochi eh! ma non posso rinunciare al dolcetto! ma l'importante è variare, ascolti me"!

E potrei andare avanti ancora per 2-3 minuti (il tempo del mio caffè). 

Ognuno si estrapoli la sua morale, che io la mia me la sono estrapolata già da un po' e non c'entra necessariamente l'alimentazione, che ognuno può farsi gli affari suoi, e professare qualsivoglia regime esistenziale. Riguarda un po' le apparenze e l'ipocrisia, e la pigrizia. Tante parole e pochi fatti, o molti fatti e poche parole, alla fine i risultati si vedranno, sulla nostra pelle. 

Ma non rompiamo necessariamente i coglioni a chi mangia vegetariano (lo so, quando qualcuno vi dice: "io sono vegetariano" lo guardate come fosse un appestato e gli dite: "ma la carne fa bene!!! sei matto?"), cazzi loro, e cazzi miei se mangio 400 gr di petto di pollo ogni giorno! D'altronde la mia nutrizionista aveva iniziato con darmi una dieta da 1800 calorie giornaliere e sono dimagrito 6 kg in 2 mesi. E' passata poi ad una dieta di 2400, e anche quelle non bastavano, dimagrivo, e lei stessa mi guardò e mi disse: 

"Emanuele!! se dimagrisci altri 2 kg sei nella soglia dell'anoressia!!" 

"eh! Cristo di un Dio sto seguendo le tue indicazioni, sai". (<--questa è la risposta che le diedi io).

Per arrivare a darmi una dieta da 3000 calorie giornaliere, dovetti convincerla, facendomi i dovuti esami, che la mia tiroide era apposto. Ora ne mangio, forse, anche di più di calorie, e finalmente sto mettendo su massa. Mangio quasi 3 etti di pasta al giorno e la percentuale di massa grassa diminuisce sempre di più! Incredibile, vero? Beh, no, perché sono i sughi e gli olii il vero nemico! In ogni modo, dicevo, ognuno scelga di fare come meglio crede, che poi i risultati si vedranno, sulla propria pelle.

E' un po' quello che devono aver pensato in casa DICE, quando hanno realizzato il loro tanto annunciato Battlefield 3. In questi giorni milioni di giocatori (tra cui anche io), stanno testando la versione beta, e leggendo le critiche in giro sembra che questo gioco sarà un fallimento.
E' chiaro che non si poteva paragonare la versione PC (quella utilizzata nei tanti trailers che ho postato anche io) alla versione delle ormai limitate consoles, ed è anche vero che io stesso mi aspettavo una grafica più all'avanguardia, ma se andiamo ad analizzare questo videogioco in profondità ci accorgiamo, almeno dal mio punto di vista, che siamo di fronte davvero ad un prodotto che segnerà il futuro videoludico dei prossimi anni.




In Battlefield c'è la luce. E ve l'ho sempre detto. C'è l'aria, c'è la profondità. E tutte queste cose, il nuovo motore grafico Frostbite 2.0, le esalta all'ennesima potenza. Non so nemmeno come descrivere la sensazione di essere sfiorati dal missile sparato da un Rpg alle nostre spalle, o vedercelo arrivare addosso. Esplorare l'immensa mappa in cui si svolge la battaglia è impresa ardua (anche perchè ci vuole pochissimo ad essere uccisi), Parigi è Parigi, ed è Parigi anche nell'arredamento interno, pur minimalissimo, degli appartamenti al primo, secondo, terzo piano, dei palazzi in cui si può entrare. La luce entra dai buchi sui muri, e si vede grazie al pulviscolo atmosferico. Quando entrate in metropolitana, dallo squarcio sulla pavimentazione del parco, la sabbia del terreno vi cade addosso dalle vibrazioni delle esplosioni, e mentre correte nel tunnel tra un vagone distrutto e tubi che emettono gas vedete, in lontananza, le luci degli spari del conflitto, e sentito i suoni, che mio dio, l'AUDIO in Battlefield 3 vi gela il sangue. Solo, appoggiato al muro della metro, al buio, guardando verso destra sono stato accecato da una luce che veniva verso di me. Solo da pochi metri ho capito che era un mio compagno che mi si avvicinava con il suo fucile con torcia elettrica. Ho guardato davanti a me e sono stato abbagliato da una luce rossa sugli occhi. Spam! Morto!, era un cecchino.
Indescrivibile.



E del nuovo disco dei Dream? vogliamo parlarne?
La prossima volta.

Ps: intanto continuo a guardarmi i documentari della BBC, e osservo cosa succede quando un certo tipo di fungo,  l' Ophiocordyceps, trasforma in "zombie", le formiche o altri insetti (foto all'inizio del post!)




28 settembre 2011

Camicia gialla o no? (parlare di tecnica, facendo "finta di niente").


Mi scuso per l'astinenza di questi giorni dal blog, ma come accennavo nel post precedente, ho avuto dei piccoli problemi di salute.
In questi giorni, tra le tante cose successe, ho letto un interessante articolo scritto da Davide Occhicone, su LoSpazioBianco.it, riguardante la colorazione degli albi Bonelli (R.i.p).
Senza addentrarmi troppo nei particolari di quelle che potrebbero essere, o meno, le "critiche" alle scelte editoriali (cromatiche) dell'editore in questione (è difficile parlarne distaccati, ma sto cercando di focalizzare l'attenzione sui discorsi più tecnici, che scrivere di altro, pubblicamente, sul blog, non mi piace), vorrei esprimere il mio parere a riguardo, perché da anni ormai studio il colore e ciò che esso significa nella sua declinazione narrativa, ma soprattutto perché ho provato con mano cosa significa colorare certi fumetti bonelliani (Tex, Dyd e Dampyr).

Il punto della questione lo possiamo riassumere attraverso le parole del titolo di questo post: "Camicia gialla o no?", Tex, di notte, è giusto che sia colorato con la camicia gialla, pur sapendo che le realistiche atmosfere notturne non giustificherebbero la verosimiglianza di questa scelta? (se avete letto l'articolo a cui faccio riferimento capite meglio il succo del discorso).

Dicevo, mi sono già ritrovato a colorare degli albi Bonelli e devo dire che la risposta non è poi così scontata o così semplice da dare. Proverò quindi a rispondere pubblicando una mia risposta ad un botta-risposta avuto proprio con Davide, via mail:

[...] posso confermare che, in effetti, se Dylan non ha la maglietta rossa, o Tex non ha la maglietta gialla, perdono il loro "charme", sono meno "incisivi", meno "potenti", tanto che mi vien da immaginare  che, se una storia di Tex fosse colorata "a regola d'arte", l'albo non riuscirebbe a mantenere il suo "appeal" di "esclusività" nei confronti delle centinaia di altre uscite a fumetti, a colori. Tex non sarebbe più Tex, diverrebbe "un fumetto qualsiasi".

L'altro problema è che, evidentemente, anche la colorazione "tipografica" usata nelle colorazioni di quegli albi, non va bene, ma non abbassa la qualità dell'albo, lo decontestualizza rispetto al mercato odierno, e ciò diventa un "peccato filosofico".

Allora dove sta la soluzione? perché soluzione bisognerà che ci sia!
Colorare o non colorare Tex?
Il problema a mio avviso non sta nei colori, ma come viene disegnato l'albo. La soluzione sta nel disegno. Non è, quindi, il colore che, totalmente, deve piegarsi al personaggio  o deve trascinarlo verso "nuove dimensioni". 
In questo caso, come mai in nessun altro, secondo me vale la frase: "la verità sta nel mezzo".
Non posso prescindere dalla camicia gialla, posso girarci attorno, ma non posso completamente snaturarla. Però posso elevare al massimo la creazione delle atmosfere. Dove non può arrivare il colore, quindi in quegli elementi "cardine" della serie (camicia appunto), dovrà arrivare uno "svecchiamento" stilistico del disegno. Basta guardare gli ultimi albi di Blueberry ("Dust" per esempio), rispetto ai vari "Arizona Love" ecc.. per capire quanto il colore si sia addirittura "semplificato", rispetto le colorazioni a mano, ma anche il disegno si è ripulito, e il risultato è la modernità dell'albo.
Infatti, per colorare bene un Tex bisogna semplificare il colore, e scegliere i colori giusti. Ma il disegno deve ripulirsi di quei codici ormai "vecchi" nei confronti del mercato.

Tutti i disegnatori di Tex, Dylan Dog ecc sono dei maestri assoluti, ma si vede che nelle tavole  ognuno di loro deve "rispettare" il "rispetto" per il personaggio (a mio modestissimo parere). In qualche modo anche i disegnatori, nel disegno, tengono la camicia gialla di notte.




24 settembre 2011

Osservare creature meravigliose

In questi giorni sono rimasto un po' bloccato a casa, per via di alcuni problemini di salute. Situazione migliore non ci può essere per fare una bella scorpacciata di documentari e scoprire l'esistenza di animali di cui non conoscevo l'esistenza.

Vi presento il Rhinopithecus roxellana (Rinopiteco Dorato).









Da rimanere a bocca aperta, dalla bellezza dei colori di questi animaletti!




16 settembre 2011

1066 IN ITALIANO!


Secondo quanto riportato sul sito Mangaforever, tra le novità di Comma 22 Edizioni, per i mesi di ottobre e novembre 2011, c'è anche il mio tanto caro 1066!


La cosa buffa è che nessuno mi ha detto un cazzo, cioè, io apprendo queste cose leggendole dai forum, mah!

L'ho ritrovata!!!

Pensavo di aver perso le foto, invece le ho ritrovate in una cartella nascosta del cellulare. Signore e Signori, ecco a voi la splendida tappezzeria dei seggiolini della metro di Berlino!

15 settembre 2011

La colorazione più difficile (pt. 3)

Tra i commenti sul post di ieri, Jac mi ha fatto una domanda molto interessante:

"Ma davvero la reputi la colorazione più difficile che hai fatto?"

Come si misura la difficoltà di una colorazione?
Per rispondere subito alla domanda di Jac, posso dire che si, questa, assieme ad una tavola di 100 anime, è la colorazione più difficile che ho realizzato.



Ecco. Queste 2.

La difficoltà nell'affrontare queste colorazione è sostanzialmente diversa. Quindi, come si misura la difficoltà di una colorazione?

Nella prima immagine, disegnata da Cardinale, la difficoltà stava nel riuscire a pensare ad una colorazione che non rischiasse di deturpare la leggibilità del disegno ma, anzi, di aiutare a distinguere bene i piani di profondità e accompagnare l'occhio del lettore a vedere, con ordine, tutti gli elementi della scena, elementi che bisognava percepire come tanti "singoli" ma al contempo come un unico "tutt'uno".
In più, la complessità del disegno, con la presenza di tutti quei dettagli, mi obbligava ad un "piano d'attacco" molto strutturato anche per riuscire a gestire il file in termini di potenza del computer con il quale ho colorato l'immagine. Ci si mette un istante a ritrovarsi con centinaia e centinaia di livelli.
La quantità di dettagli nel disegno, inoltre, rischiava di non dar spazio ad una lavorazione cromatica funzionale e, quindi, la colorazione avrebbe potuto anche sminuire di molto il lavoro certosino fatto dal disegnatore.

Nella seconda immagine, disegnata da Buscaglia la difficoltà, invece, era riuscire a visualizzare e rendere l'atmosfera metropolitana di Milano. Anche in questo caso la tridimensionalità del disegno è evidente e strutturale, il colore doveva appoggiarvisi sopra, senza rischiare di incasinarne la leggibilità, ma evidenziando la profondità dei piani che avrebbero creato l' "aria" dell'ambiente.

Le due tavole, a livello di disegno, sono una l'opposta dell'altra, ma entrambe sono realizzate da due maestri che sanno costruire alla perfezione uno "spazio tridimensionale"



Da una parte la ricchezza di dettagli doveva essere assecondata da una colorazione concentrata a creare leggibilità secondo una logica di "piani di profondità", sfruttando le svariate fonti di luce presenti nella scena (avete mai letto il libro di Burne Hogart sul bianco e nero?), dall'altra la libertà lasciata dal disegno al colore, necessitava di un lavoro solido di sostegno tridimensionale in funzione, sempre, della luce e dell'atmosfera.
Insomma, l'obiettivo è, come sempre, comune: tridimensionalità e leggibilità, solo che il punto di partenza era differente e contrario.

Sicuramente le due tavole più difficili (senza contare quelle che sto facendo per un progetto con uno sceneggiatore che stimo all'infinito, ma di cui vi parlerò a tempo debito).


13 settembre 2011

Questioni di gusto (pillole di osservazione)


Tempo fa, con Jack, affrontai un discorso legato alle "scelte di gusto" che influenzano la realizzazione delle mie/nostre colorazioni. Discutevamo del fatto che il talento personale di un colorista non si basava necessariamente sulla tecnica di realizzazione delle sue opere, quanto sul suo gusto nell'osservare, documentarsi e riprodurre su carta il suo "bagaglio visivo". 

Il gusto, quindi, nello scegliere quali immagini guardare, come guardarle e quali informazioni prendere da esse e il gusto, infine, nello scegliere i colori più adatti a riversare questi input sul lavoro definitivo.

(Il gusto, secondo me, comprende anche l' "intuizione" di osservare qualcosa al momento giusto, come un "sesto senso" che però è un sesto senso un po' "furbo", perché se fai questo mestiere non è che hai le intuizioni una volta ogni tanto...al lavoro ci pensi H24, e ogni cosa che osservi la filtri con l'occhio di chi sta pensando di realizzare delle tavole con le cose che sta guardando (che vita di merda!)).

Tutto il discorso che abbiamo affrontato, ho pensato a posteriori, l'abbiamo sviluppato partendo dal presupposto che stessimo parlando del gusto nella "buona" accezione del termine, e la cosa un po' mi turbava (ma ci ho pensato sempre a priori), per svariati motivi, tra cui:

- non ho mai creduto di aver "buon gusto" per le cose
- non ci avevo mai, realmente, pensato. 

In due occasioni ho avuto un lampo di consapevolezza (1 per ogni occasione, quindi 2 lampi) riguardo il mio lavoro, che mi ha aiutato a comprendere meglio il discorso che avevo affrontato settimane prima con Jack.

La prima occasione di intuizione, l'ho avuta quando ho colorato la prima tavola del secondo numero di Dei.
Con Jack avevamo già parlato di questo mio fumetto, e gli ho sempre sostenuto che Dei fosse un fumetto "privo" di gusto, ma intriso di tecnica, poiché ero costretto a farlo molto velocemente (124 tavole in  nemmeno 10 mesi), e questa "rapidità d'esecuzione" non mi dava il tempo di soffermarmi a scegliere le cose "con gusto", appunto. 
Mentre coloravo la prima tavola, mi sono reso conto che era da 10 minuti che cercavo di trovare il colore giusto da accostare agli altri già stesi; Jack aveva, ancora una volta, ragione: in Dei la tecnica è il "workflow" di base, il metodo che mi permette di produrre tavole, ma il "quid" sta, effettivamente, nel gusto di accostare certi colori per arrivare ad un risultato veloce, corretto e, soprattutto d'impatto. 

La seconda occasione l'ho avuta a Berlino, dov'ero in compagnia di Jack stesso, testimone con me di un fenomeno alquanto allucinante: la tappezzeria dei seggiolini della metro.
Chi è stato a Berlino sa di cosa sto parlando, sfortunatamente ho perduto le foto che avevo fatto, ho trovato qualcosa in internet ma non è esattamente lo stesso patchwork che abbiamo visto noi. In ogni caso, i seggiolini della metro di Berlino sono veramente vomitevoli, eppure, li per li, effettivamente ho realizzato che se avessi dovuto realizzare un fumetto ambientato a Berlino e avessi dovuto raccontare di un personaggio che prende la metro, di sicuro la mia prima e unica preoccupazione sarebbe stata quella di far ruotare tutta l'atmosfera attorno a quella schifosissima tappezzeria. 

Fino ad un certo punto, quindi, credevo che parlare di "gusto" significasse parlare di "buon gusto". Ma il buon gusto, ho capito, sta anche nell'osservare e rappresentare il "cattivo gusto". In fin dei conti come disegnatori e narratori di storie, ci scontriamo sempre con la voglia di rappresentare, in qualche modo, la realtà. La realtà non è "bella". La realtà è casuale. A mio modo di vedere  è nelle cose brutte che si trova la vera potenza visiva, sfruttabile nel nostro lavoro. In fin dei conti è con questo modo di vedere, ovvero osservando "diversamente" la realtà, cercando le caratteristiche "terra-terra", e non le "idealizzazioni visive", che anni fa realizzai 100 anime.





(ps: la tappezzeria che abbiamo visto noi era con questi colori, su questo sfondo, ma con disegni in stile "mimetico" a trama piccolissima)


08 settembre 2011

2

2 tavole di Dei 2! in full color, come intitola anche Alex, nel suo blog!



Gli obiettivi che cerco di raggiungere in questo numero di Dei sono, come già accennavo in un post di tempo fa, molteplici. Di sicuro, rispetto al primo, c'è la voglia e la consapevolezza di voler sperimentare di più in termini "narrativi". Il primo numero di Dei, paradossalmente, era molto "classico" come storytelling, in questo numero voglio cogliere l'occasione per fondere di più lo stile di disegno con l'impaginazione della pagina e i ritmi della storia.

Da un punto di vista dello stile del disegno Dei è sempre stato un progetto in continua evoluzione. Già nel primo numero, all'interno delle 124 pagine, si poteva osservare un cambiamento progressivo del modo di disegnare (soprattutto i personaggi), che non è da "confondersi" con un'evoluzione naturale e umana della "mano del disegnatore" che prende dimestichezza, via via, con il segno che sta utilizzando, c'era proprio la volontà di cambiare la "fisionomia" dei personaggi, di volta in volta, per adattarla alle varie situazioni narrative. Quindi si partiva con uno stile più "caricaturale", per iniziare la storia "pian pianino", per arrivare ad una sintesi più "manga" verso il finale, dove il ritmo concitato degli eventi avevano bisogno di maggior velocità anche nell' "anatomia" dei characters.

Anche in questo caso sto partendo adattando il disegno ai fatti raccontati. E' bello sottolineare come, soprattutto nella tavola 25 (la seconda, delle due) in realtà solo il personaggio di Hercules sia disegnato e ripassato a matita, tutto il resto è solo computer (e si vede in effetti). 

In questo numero sto, ancora una volta, cercando di alternare costruzioni di ambiente molto tridimensionali, ad altri invece molto piatti e grafici, tutti rimandi ai cartoni e ai videogiochi che mi hanno influenzato in questi anni.

Questo numero dovrò consegnarlo entro Febbraio 2012 e uscirà, credo, un paio di mesi dopo in Francia. In Italia invece? ..ehm!, BOH!

E' probabile che nei prossimi giorni pubblicherò un tutorial su come realizzare una tavola di Dei!

06 settembre 2011

Dicevo ieri...

...che saremmo "ripartiti" dall'osservazione e un po' "mentivo", ma solo al 50%.
In effetti non mi ricordavo che dovevo ancora mostrarvi questo splendido esempio di "apprendimento tecnico":


Queste due tavole sono state realizzate da mio fratello Andrea Riccadonna, a distanza di diversi anni l'una dall'altra. Nel mezzo, un percorso di apprendimento tecnico di un certo rilievo.

A inizio post dicevo, "mentivo al 50%", perché in effetti non stiamo parlando di osservazione, nell'accezione del colore, ma dobbiamo necessariamente sforzarci di osservare queste due versioni della stessa scena, per capire esattamente cosa significa "imparare" a disegnare.

Qual'è, a mio avviso, la differenza sostanziale tra questi due disegni? La tridimensionalità. Guardate, per esempio, il viso della prima vignetta in alto a sinistra, e confrontatelo con la sua versione più recente. La conoscenza dell'anatomia porta ad un risultato più tridimensionale e quindi più bello, più "corretto", più giusto".

Il senso della narrazione ne viene raffinato di conseguenza. 

In questo caso, quindi, la conoscenza "scientifica" dell'anatomia porta a migliorare la tridimensionalità dei personaggi, la morbidezza del segno a matita, la scelta delle inquadrature e quindi la creazione dell' "atmosfera" narrativa.

E' raro poter osservare due versioni cronologicamente distanti della stessa tavola, approfittiamone tutti e ringraziamo il maestro Riccadonna per aver realizzato un così interessante accostamento. 

[EDIT]

Davide "O", ci rimbalza sui commenti a questo post, una nota pubblicata sul Facebook del Maestro Bruno Brindisi (sempre sia lodato):


PUNTI DA TENER PRESENTI
Di Alex Toth
Come io cerco di fare! (E spesso fallisco, potrei aggiungere!) 

• Elimina il superfluo, tutto ciò che non è necessario. Sii sfaticato!
• Controlla e correggi il tuo lavoro, in ogni fase. Preservalo!
• Concentrati sui rimanenti (e veramente importanti) elementi dell'immagine.
• Enfatizza ciò che è importante in una scena. Risparmia disegno!
• Isola gli elementi chiave, come si fa attraverso un mirino.
• Usa primi piani e dettagli solo quando è necessario: sui volti per le espressioni, e sugli oggetti più piccoli, difficili da distinguere in altri modi.
• Per impostare una scena, un luogo,un'ambientazione, ecc, usa un campo lungo, stabilisci un'angolazione (dall'alto / dal basso, ecc) - ma ancora una volta, semplicemente!
• Poi, piani ravvicinati, più o meno stretti a seconda dell'importanza (panoramica / campo / controcampo / totale / primo piano / primissimo piano).
• Stabilisci la fonte di luce, se necessario, per dare atmosfera, per i neri e le ombre proprie e portate su figure, oggetti e pareti, piazzale il più possibile correttamente.
• Elimina questo lavoro di luce ed ombra nelle altre inquadrature.
• Semplifica, semplifica, semplifica tutto!
• Ricorda, alcune vignette saranno e dovranno essere pedestri, insignificanti, e insulse, perché sono solo "ponti" tra le scene chiave del racconto. Come in ogni forma narrativa, cinema, tv, libri, giochi, musica, opera, pittura, ecc, non si può stupire con ogni immagine. Ricorda, è questo che dà ritmo ad una storia, come una punteggiatura visiva, come i luoghi di riparo da una tempesta! USALI! Senza paura!
• Alcuni di questi "ricoveri" o "pause" possono essere resi graficamente interessanti attraverso scene ben fatte - se la storia permette! Non stiracchiare la logica!
• Imparando a eliminare gli oggetti inutili, figure e sfondi, ecc, è possibile concentrarsi su ciò che è rimasto da disegnare nell'inquadratura, ma bisogna disegnarlo il meglio possibile per "reggere" la scena!
• In altre parole: la tavola è tutta una questione di elementi essenziali, ma si deve disegnare alla perfezione ciò che è rimasto!
• Tutti questi consigli si basano sulla critica di Roy Crane al mio lavoro - ed è assolutamente corretta, su tutti i punti!
• Nelle strisce di Wash Tubbs e Captain Easy e in Buz Sawyer, sulla tavola domenicale di Roscoe Sweeny, il suo lavoro di cinquanta e passa anni dimostra la sua validità! Nel suo lavoro, come in nessun altro dei suoi contemporanei, troverete uno straordinario equilibrio nel suo senso dello spazio all'interno di una vignetta, una striscia, o una pagina! La sua semplicità ci mostra come utilizzare al meglio le cose all'interno di un'inquadratura, per creare tensione, azione, o momenti di riposo ... in modo chiarissimo!
• Ha sempre evitato dettagli che creassero confusione!
• Per citare qualcosa di appena letto: per aggiungere alla verità devi solo sottrarre da essa (non è straordinario?)!
• Rendi al meglio oggetti, macchine, ambienti, arredi, ecc .... Per aggiungere realismo!
• Come Sickles ha scritto: "Capite come è fatta una cosa e non avrete problemi a disegnarla!"
• Soffermati a pensare di più - su cosa disegnare e cosa NO, e come farlo - e faticherai MENO!
• Pianifica in anticipo, pensa prima di fare ... così, risparmierai lavoro e tempo!
• Ma - qualunque cosa tu faccia, falla bene!
• Racconta la storia nel miglior modo possibile! Fatti trascinare da quella tempesta!
• Sii onesto con te stesso. Dai tutto quello che hai! Valorizzalo!
• Ispirati a film, fotografie, dipinti, ecc, per la composizione! Per le inquadrature, per l'eliminazione di cose non essenziali, per nuovi stimoli, per stupire, economizzare, avere un impatto più forte e diretto. Ma anche per la bellezza e la finezza - la tensione, la suspense, l'azione, l'umorismo, la luce e il buio, il bilanciamento, la linea contrapposta ai neri, e così via. UTILIZZA TUTTO!
• Analizza tutto ciò che vedi - sii critico. In modo positivo!
• Guarda - osserva - ricorda! Costruisci il tuo file di memoria!
• Buona fortuna -

Best - Alex



05 settembre 2011

Che è successo e cosa succederà!

Quest'ultimo mese di Agosto mi ha visto aggiornare il blog un po' "a singhiozzo", per svariati motivi, tra i quali il "tour de france" in giro per Festivals di BD, e l'umana consapevolezza che d'estate è un po' difficile scrivere e leggere di "lezioni di colore", quando metà della gente è in vacanza, e la restante metà è in preda all'agonia del caldo. 

Ma oggi, 5 settembre, l' "anno lavorativo" riparte, (è il compleanno di Jack, tra l'altro, quindi facciamogli tutti assieme i nostri migliori auguri!!!) ed è arrivata l'ora di rimboccarsi le maniche e continuare il nostro discorso sul colore, sui fumetti, sui videogiochi, e sugli abissi.

Cosa abbiamo fatto finora, e di cosa parleremo quest'anno? bah, improvviseremo, come al solito. 
Durante uno degli ultimi festivals francesi a cui ho partecipato, per esempio, mi è capitata l'occasione di parlare con miei amici professionisti di un argomento piuttosto interessante: 

Ma Bastien Vivès ci fa o ci è? 

Io sono, nonostante tutto, ancora convinto che il giovanotto ci sia, eccome, per altri miei colleghi ci farebbe e basta, ma a prescindere da questo, non sarebbe anche giusto  arrivati ad un certo punto  prendersi la libertà di "farci" un po'?.
Il succo della questione che, tranquilli, andremo ad approfondire nel corso dei prossimi mesi è: la nostra professione è abbastanza difficile, soprattutto per le condizioni "terminali" del mercato (italiano e non), i fumetti stanno vivendo un periodo di transizione che non si sa dove li porterà, non è un sacrosanto diritto di ognuno di noi, se abbiamo la fortuna di "far successo", di poter cavalcare, un po' "furbamente" ma onestamente, l'onda del successo? Il disegno dev'essere sempre vissuto come un atavico sacrificio, non può anche essere lo strumento spontaneo per dialogare in semplicità con il pubblico, sfruttando i meccanismi che già sappiamo funzionare?

Sto divagando e approfondendo troppo  non era mia intenzione, in questo post, voler affrontare subito il problema  perché si intreccia con tutto ciò che studieremo nelle prossime settimane, tra cui ci sarà anche il rapporto con gli editori e quali sono i modi e i termini per presentare loro un nostro progetto (regole che, badate bene, non sono mai esistite e mai esisteranno, o che comunque sono sempre in continuo cambiamento).



Per quanto riguarda il colore abbiamo capito che: 

- tutto scaturisce dalla luce, la Fonte di Luce deve guidarci nella nostra scelta cromatica, a tutti i livelli (sia che vogliamo realizzare un'atmosfera realistica, che inventarci degli accostamenti originali)
- la documentazione e l'osservazione sono i nostri due strumenti principali, per imparare a conoscere il colore, e imparare a piegarlo alle nostre esigenze
- la colorazione, come il disegno, si sviluppa attraverso degli steps di "costruzione" che ci guidano nel raggiungimento del nostro obiettivo-risultato. Nello specifico, parlando di colorazione, abbiamo lo step delle tinte piatte (diurne o notturne), le ombreggiature (lo studio delle volumetrie, che renderà credibile la nostra colorazione) e i cosiddetti "effetti speciali" (sbrilluccichii, lucette e cazzate varie).

Dopo aver pubblicato un paio di semplici tutorial, aver spiegato come affronto tecnicamente un certo tipo di illustrazione (/colorazione), e avervi dato anche un esercizio da realizzare, direi che sarà il caso, nelle prossime settimane, di fare un paio di passi indietro, e ricominciare, in maniera più approfondita, dal primo step: l'osservazione.
La teoria del colore e i fenomeni atmosferici li ho spiegati, in linea teorica vi ho spiegato tutto ciò che serve per capire e usare il colore, ora non bisogna far altro che metabolizzare questi discorsi con la pratica, partendo dall'osservazione, appunto e dall'analisi di immagini di riferimento. Un po' la stessa cosa che abbiamo fatto con la foto della vetrina, ma su un piano più "tecnico", meno "divulgativo". :)



Per quanto riguarda i videogiochi, aspettiamo l'uscita dei nuovi BATTLEFIELD3, MW3, WRC 2, FORZA MOTOSPORT 4, JOURNEY ecc. per commentarli assieme da un punto di vista cromatico-atmoferico.

Insomma, di carne al fuoco ce n'è parecchia! (...quest'anno vedo se riesco anche a buttar tutto su carta e a pubblicare un libro di colore!...ma non vi prometto nulla, che i progetti da realizzare sono veramente tantissimi!!!)


Bello spezzare i periodi, con l'utilizzo di queste sexy-bamboline vero?


01 settembre 2011

Ultimo...

... resoconto fotografico dei miei "tours de france", tra festivals e fumetti. Questa volta ero a Conches, piccolo borghetto medievale normanno, in compagnia, per fortuna, di altri simpatici autori italiani tra cui Daniele Caluri, Nora Moretti, Paolo Deplano, Nicola Saviori e Luca Malisan.















Da questa settimana ricominceremo a "far sul serio", parlando di fumetti, colorazione, videogiochi e tutorials vari!