21 dicembre 2011

Teoria o Pratica? LA VERITA'!


Nei miei ultimi workshop mi sono ritrovato ad affrontare una problematica personale non da poco: "meglio spiegare molta teoria, o concentrarsi di più sulla pratica?". In effetti le ore a disposizione sono sempre limitate; io ci ho messo almeno un paio d'anni a imparare realmente cosa significasse colorare, e non mi aspetto certo (e non deve aspettarselo nessuno) che la gente che si iscrive ai miei workshop impari in 3 giorni. E quindi scaturisce il dubbio amletico se sia meglio passare 3 giorni a parlare di teoria, o esercitarsi sulla pratica.

La risposta, sappiamo, come sempre dovrebbe essere: "la verità sta nel mezzo", ed è anche vero che non posso prevedere le necessità degli studenti, a tal punto che le lezioni si "improvvisano" sul momento e secondo le problematiche che, di volta in volta, mi vengono presentate da chi si è iscritto.
E' per questo che, la maggior parte delle volte, ci si ritrova a parlare tantissimo, e a lavorare poco. Perché in effetti mi accorgo che, per il 90% dei casi, le regole della teoria, non vengono quasi mai considerate da nessuno. Discorsi su "tono, tinta e croma", sono oscuri ai più. Molti applicano le regole "intuitivamente", e con risultati eccezionali, ma pochi conoscono la natura "tecnica" delle loro intuizioni.

Non è certo un dispiacere per me parlare e conversare con gli iscritti, anzi, trovo che sia 1000 volte più stimolante che limitarsi ad eseguire l' "esercizietto", anche se effettivamente, poi, la pratica aiuta a metabolizzare i discorsi fatti. E lo scambio "teorico" con gli studenti rappresenta anche per me occasione di miglioramento.

E' per questo che, all'inizio di ogni mio corso, metto un po' "le mani avanti", e tante volte questo discorso viene frainteso. 
Parto sempre con il dire: "occhio, io vi spiego il mio metodo, ma agli editori, diciamoci la verità, la mia colorazione fa cacare".
Non che il mio modo di colorare sia oggettivamente brutto, è che i "trend" del mercato, come spiegavo anche l'ultima volta, vanno in una direzione abbastanza opposta alla mia. I Francesi soprattutto amano una colorazione in stile pittorico e seppur con una semplificazione stilistica, credo che anche gli Americani siano su quella linea. Invece a me ha sempre fatto abbastanza cacare la resa pittorica a "computer" che trovo, nella mia "semplicità" di ragionamento, filosoficamente incoerente. 
Cerco di sviluppare un mio stile che sia strettamente legato al mezzo che uso, non cerco di clonare a computer una resa "manuale", ma cerco di costruire uno stile che parta dal presupposto che sto usando il computer. E non è nemmeno un discorso sulla "bellezza" oggettiva dei risultati che ne derivano (esistono migliaia di autori eccezionali che usano tecniche digitali "pittoriche"), è proprio, dal mio punto di vista: "bellezza costruttiva", ovvero la bellezza degli intenti. 

La mia "pennellata" non è una pennellata. Il mio colore non vuole essere 1 colore. Sto costruendo un ambiente, è questo che mi interessa, e la resa "manuale", a computer, me ne schiaccia la profondità.
Ma continuo ad avere torto, nei confronti del mercato che, ripeto, è andato in tutt'altra direzione.
E metto le mani avanti, ma questo non mi preclude la possibilità di dire cose "sensate" nei confronti della teoria, e anche della pratica, perché mi piace rimanere una persona ONESTA. Se dico che agli editori non piace la mia colorazione, spiego anche il perché, e continuo a spiegare perché io persista ad andare nella mia direzione (direzione che probabilmente mi porterà sempre meno lavoro, e non ne porterà agli iscritti al corso). Sono forte dei miei ERRORI, perché, comunque si appoggiano sulle regole, sulla teoria.

Teoria che permette di prendere, con responsabilità, qualsiasi strada possibile. Ci si mette in gioco, secondo le regole, ci si da il controllo sulle decisioni tecniche.

Quindi, se venite ad un mio workshop, continuate a darmi fiducia, anche se vi dico che le cose che faccio io, agli editori, non piacciono! :) 
Ci metterei tranquillamente anche il mio organo genitale dentro la bocca della verità e il mercato è fatto soprattutto dai lettori, ed è questo che conta per me.

La paura



Un bellissimo post che parla della "Paura", lo trovate QUI, scritto dall'amico fiorentino Cosimo Lorenzo Pancini, dello studio kmzero!

19 dicembre 2011

La matita


Post Firenze!


Meglio di così poteva andare? Credo proprio di no! :)

18 posti a disposizione per il workshop di colorazione digitale alla scuola di comics di Firenze, e 18 posti sono stati occupati!!!
3 giorni intensissimi tra teorie, pippe mentali, paranoie, suicidi (di massa), e colore!
La vera difficoltà è stata, effettivamente, che tutti i "workshoppari" erano veramente di alto livello, ed è sempre difficile spiegare cose a chi, queste cose, già le sa.

Spero in ogni caso di esser stato chiaro e che ciò che ho spiegato possa servire ai miei "studenti" per migliorare la loro tecnica!!

Nel frattempo a casa dei buoni Alex Crippa e Alfio Buscaglia, sono arrivate delle copie della versione americana di "100 anime"!
La cara editor mi ha spiegato che non sono previste copie omaggio per il colorista (ah-ah! vedete voi a voler diventare coloristi, a cosa andate incontro???!!), per cui vi allego un'immagine rimbalzata dal blog di Alex!




13 dicembre 2011

Altro progetto...

..questa volta in "tandem" con l'amico, socio, collega Fabrizio Capigatti.
E' ancora tutto "riservato", ma due personaggi (2 di moltissimi altri) posso mostrarveli...



Lo stile con cui racconteremo la storia, sarà proprio questo. Altri dettagli nei prossimi mesi! :)

Imparare da Lui.

Leggendo questo articolo, scopro questa intervista a Sergio Toppi, in 5 parti. Tutti, disegnatori, sceneggiatori, coloristi, editori, lettori, dovrebbero stare in silenzio ad ascoltare e capire esattamente il senso delle sue parole.










08 dicembre 2011

...e noi stiamo qui a romperci i coglioni...


Ogni volta che mi sento affaticato di appartenere a questo mondo, mi estraneo un po', lo sapete, guardando i documentari della BBC.
L'effetto "relax" è immediato, e gioca tutto sul fatto che i nostri problemi, sono nulla a confronto di quelli che vivono, ogni giorno, migliaia di esseri viventi nel loro contesto naturale.


Prendete, per esempio, l'Arachnocampa luminosa. Una larva, presente in alcune grotte della Nuova Zelanda, che prepara delle speciali trappole per le sue prede, facendo pendere, dalle pareti della grotta, dei filamenti di mucco, sbrilluccicanti, e richiamando gli altri insetti attraverso una piccola lucina che produce chimicamente in prossimità della sua coda. Quando l'insetto si avvicina rimane impigliato al filamento di bava. A questo punto la larva ritira su il filamento, che contiene l'insetto intrappolato, che verrà, ovviamente, mangiato vivo.


Incredibile no?

Ecco, pensate se anche noi fossimo inseriti in meccanismi simili!
Sto camminando per strada, ad un certo punto vedo una bella lucina che attrae la mia attenzione. Mi avvicino, e rimango impigliato in una trappola bavosa dalla quale non riesco a liberarmi. Vengo tirato su, guardo in alto, c'è un altro uomo, appeso al muro, che mi sta trascinando, dentro la sua bocca per mangiarmi vivo.

Questa è l'ansia e i problemi che devono risolvere, ogni giorno, migliaia di animali. La natura è molto feroce, e noi stiamo qui a farci "terrorizzare" da quei 4 euro-coglioni che vogliono decidere del nostro futuro nei "mercati"...ma che cazzo sono i mercati? la moneta? lo spread dei miei coglioni?
L'Arachnocampa luminosa, è una vera minaccia, altrochè!

Che begli spunti di storie che vi do, vero?

Se non avete voglia di guardarvi tutti e 9 i minuti del video, vi segnalo che vedete la nostra cara Arachnnocampa, in azione, dal minuto 3.15! Ma vi suggerisco di guardavi anche i primi minuti del video, dove potete scorgere degli interessanti troglobi.



05 dicembre 2011

I costi della chiesa



L' UAAR, Unione Atei e Agnostici Razionalisti, ha aperto un'interessante pagina web, che cerca di stimare, con approfondimenti e dettagli, i "costi della Chiesa" per il nostro paese.

Trovate la curiosa "lista", a questo LINK.
Sforziamoci di condividerlo il più possibile.

01 dicembre 2011

La mente va più veloce della mano (la figura dell'editore?)


Ieri sera, su Facebook, ho scritto uno "status" in cui esprimevo la mia necessità di trovare, cito testualmente, un editore che avesse le palle infuocate. E sottolineavo che per "palle infuocate" non intendevo quelle che sputano i draghi.
Certo, ci ho pensato dopo, c'è una bella differenza tra "urlare al mondo" la voglia di lavorare bene con un'editore intelligente, e capire davvero, cosa dovrebbe significare per un editore avere le "palle infuocate".
Nello spunto di riflessione derivante da questa mia "sparata", forse un po' poco ragionata, ho capito (o forse no) delle cose.


Quando studiavo alla scuola del fumetto, ma forse ancor prima, quando mi era balenata l'idea di fare seriamente questo lavoro, avevo in testa una serie di "risultati" a cui volevo arrivare. Tendenzialmente questo retaggio visivo l'avevo formato leggendo e guardando manga e anime di ogni genere. 
Quando impugnavo, però, la matita e provavo a schizzare su carta, ben lontano era il risultato che ne ottenevo concretamente, da quello che in effetti avevo immaginato. Ma, in realtà, non me ne preoccupavo troppo, o non ne vedevo le differenze, perché ero completamente abbagliato dall'idea di fare questo lavoro, dall'idea che stavo seduto con una matita in mano a raccontare e immaginarmi storie.


Iniziato un percorso didattico un po' più "strutturato", alla Scuola del Fumetto, gli obiettivi che cominciai a pormi furono sicuramente più "cristallizzati", rispetto ai sogni manga che caratterizzavano i miei pomeriggi adolescenziali. A scuola, oltre a immaginare un obiettivo dovevi immaginare il percorso tecnico per arrivarci, e molte volte i mezzi avevano la priorità sul fine. Eppure, ciò che riversavo su carta, era sempre qualcosa di "molto meno", rispetto a quello che immaginavo.

Iniziata la mia "carriera professionale", sbattuto da una pubblicazione e l'altra, tra il mercato francese, americano ed italiano, i miei obiettivi cominciarono a farsi sempre più "complessi". Diciamo che, la somma tra il sogno di fare questo lavoro, la didattica acquisita per pensare di farlo realmente, e la professionalità che stavo cominciando ad evolvere,  nella concretezza di guadagnarci veramente per la mia vita, mi fece scorgere un barlume di consapevolezza sulla creatività. Insomma, cominciavo a vedere una luce in fondo al tunnel, e quella luce era un mondo che prima o poi volevo raggiungere e schiudere.

Ma la mia mano no. Non ci stava. C'era un baratro tra ciò che pensavo e ciò che realizzavo.

Dopo alcuni anni mi resi conto che dovevo mettermela via. La mente sarà sempre migliaia di km avanti, rispetto a quello che la mia mano realmente potrà fare. Il mio più utile sforzo sarà di compensare il più possibile questo divario, riconoscendo con positività il paradosso per il quale, qualora io riuscissi a realizzare esattamente, al 100%, ciò che ho in testa, probabilmente quel momento segnerebbe la fine della mia ricerca personale.

E mi si apre di fronte, quindi, una nuova lettura sul percorso di ricerca: la mente meglio non ascoltarla, a volte; lei parla e ti indica la strada, ma forse è meglio fidarsi della mano, che magari rispetta di più i nostri tempi, o come sempre la verità sta nel mezzo, fatto sta che la cosa importante è "non mentire a se' stessi".

Riusciamo a capire qual'è il nostro posto nel mercato? Con onestà? e siamo pronti a "sacrificarci" per assecondare ciò che noi crediamo sia giusto operare nei confronti del nostro "talento"?
In quest'ottica i nostri colleghi non sono più dei perfidi nemici da combattere, ma altri spunti di altre realtà e di altri "posti" nel mercato con cui confrontarsi e magari creare delle sinergie. In fin dei conto lo scrivevo anche su qualche post fa: "in che senso, un autore di fumetto popolare, può odiare un "premiato" autore di graphic novel?" Stiamo parlando di lavoro o di esseri umani? Come faccio ad odiare, quindi, un'altra personalità, diversa dalla mia, se io ne ho una ben definita? Ben diverso sarebbe il discorso se io ne fossi privo.

In facebook scrivevo anche che, nel frattempo, ho trovato l'editore "saggio e raffinato", con il quale realizzeremo un ben specifico progetto, di cui parlerò più avanti, e ho trovato l'editore "incosciente", con il quale, ancora, realizzerò una cosa che vi sconvolgerà abbastanza, ma in tutto questo, cosa significa un "editore con le palle infuocate"?
Nel mio egoistico caso (eh vabbè, le mie "urla d'aiuto", ovviamente sono rivolte all'aiutare me!) significa niente di più che trovare una persona che abbia voglia di investire nei miei errori più gravi (perché la ricerca è fatta solo di errori), e che li curi, questi errori, con la miglior delicatezza possibile, che l'errore è una cosa preziosa.

Ma chi è, appunto, la persona che vuole puntare sulle "cose sbagliate"? :D