05 ottobre 2011

Onestà o disonestà?


In un post di alcune settimane fa raccontavo come, durante una chiaccherata con amici e colleghi, fosse venuto fuori un discorso che riguardava Bastien Vives, ma che si poteva (e si è) allargare alla professione di fumettista in generale.
Nello specifico si disquisiva del fatto che secondo alcuni Bastien Vives stesse cavalcando l'"onda del successo" in maniera un po' "disonesta", semplificando, cioè, troppo il suo segno, con svogliatezza sapendo che tanto i lettori lo avrebbero seguito/letto ugualmente.

I "premi" conferiti ai disegnatori, in occasione di grandi festival internazionali, sono sempre un tema spigoloso a mio avviso, dove convergono un sacco di sentimenti differenti, alcuni legittimi altri un po' più "personali".
A mio avviso bisogna sottolineare subito una cosa: se vuoi ricevere un premio, devi fare un certo tipo di fumetto.  Se non fai quel "certo" tipo di fumetto, non puoi lamentarti se non ti hanno dato un premio, e non puoi, a mio avviso, giudicare chi il premio l'ha ricevuto. 
Il discorso "onestà" o "disonestà" è altrettanto spigoloso. Io, personalmente, trovo che ci sia inconfutabile disonestà solamente nel caso in cui un disegnatore si prende una foto e la ricalca pari pari, spacciandola per vignetta. (Sicuramente questa, per me, è la categoria peggiore di disegnatori, a prescindere da quanti filtri ci vuoi metter su per camuffarla).
Bypassato il discorso "photocopyer", entriamo nello sconfinato territorio del gusto personale, e delle "possibilità".
Si perché per fare questo lavoro, e farlo bene, ognuno di noi ha bisogno della "possibilità" di farlo, e della "possibilità" di esser visto da più lettori possibili. 
Fino ad oggi la "possibilità" te la dava l'editore, o te la davi da solo. In termini economici, sicuramente, il discorso abbraccia un margine di alternative maggiore (è l'editore che mi paga per disegnare, sono io che mi auto-produco il fumetto, sono gli sponsor che mi finanziano un progetto ecc.), per quanto riguarda i termini "promozionali", invece, lo spettro delle soluzioni è sicuramente più "esiguo" (per quanto io possa rompermi il culo ad auto-promuovere il mio lavoro, dubito di poter raggiungere la vetrina mediatica di tanti grandi editori come Disney, Bonelli, Marvel ecc..).
Ho scritto "fino ad oggi", perché è chiaro che la situazione sta volgendo verso altri tipi di "territori", quelli digitali, dove, sicuramente, i discorsi cambieranno radicalmente, prima o poi.

Fatto sta che il nostro lavoro, quindi, è ancora legato fortemente alla figura dell'editore, e il nostro talento, di disegnatori, deve darci la possibilità di avere "credito", dall'editore e dal pubblico.
La formula è "semplice": se io faccio un ottimo lavoro->l'editore investe su di me e mi fa conoscere al pubblico->i lettori mi "conoscono" e cominciano a leggere i miei fumetti->l'editore è contento perché i miei fumetti vendono bene e mi da credito->io posso realizzare i progetti che voglio in piena libertà (sono stato a cena con molti disegnatori da "centinaia di migliaia di copie", e ho assaporato, dai loro racconti e dal tono della loro voce, cosa significa veramente "libertà" creativa).

Dicevo, la formula è "semplice", in realtà non lo è. Perché che tu faccia un ottimo lavoro o meno, non è detto che l'editore abbia tempo, voglia e soldi da investire su di te, quindi puoi correre il rischio di "lavorare per poco niente". Ed è in questa situazione che si ritrovano moltissimi disegnatori, ovvero tutti quei disegnatori che "non hanno fatto il botto". Sia chiaro, "lavorare per poco niente", non significa fare la fame, elemosinare pubblicazioni gratuite o vivere da reietti della società, significa essenzialmente fare il proprio lavoro con la massima professionalità e passione, ma non ricevere, in proporzione, lo stesso "trattamento" dall'editore che ti pubblica (magari il suo ufficio stampa non ti caga, non ti invitano a fare le dedicaces ai festivals, non pagano il comune di Angouleme per affiggere ai muri la pubblicità del tuo fumetto durante il festival e così via...), tutte cose "naturali", che fanno parte del meccanismo dell'editoria, ma che ti permettono di vivere degnamente lo stesso, senza le quali, però, non si riesce a fare lo "scatto" al livello superiore.

Dove voglio arrivare con questo discorso? Arrivo al fatto che, molte volte i disegnatori di fumetti sacrificano anni della loro vita a "faticare" sulle tavole, per non avere una "risposta di pubblico" degna della propria fatica, ma ad un certo punto qualcuno "fa il botto", l'editore comincia a dargli credito, e il pubblico comincia ad adorarlo. Cosa fareste voi, in questo caso? Non vi sentireste liberi (come l'aria) di cominciare a sputar fuori tutte le vostre "idee nel cassetto", con la voglia assurda di parlare e comunicare e mostrare la vostra "arte", al "mondo" (vero e proprio) che vi legge? 
Ma sapreste farlo? Sapreste gestirlo? Sono tutte valide le vostre idee? Siete sicuri di saper centrare l'obiettivo sempre? e soprattutto ne avete gli "strumenti"? Si perché bisogna anche considerare che il "botto", se lo fai, non è sempre proporzionato alle tue abilità, e forse non si ha ancora il talento per poterlo "evolvere". E quindi, tra le tante cose, mi vien da pensare che un autore che fa "il botto", debba anche avere un certo coraggio, il coraggio di fare delle scelte che non rovinino la "posizione" che si è guadagnato. E secondo me, la scelta più "coraggiosa" che uno possa fare è proprio semplificare il suo segno. Cioè c'è gente che passa una vita alla ricerca della "semplificazione", e non ce la fa. Semplificare, con spontaneità, con naturalezza, correndo sempre il rischio di non esser "capiti". (che è più facile essere letti se si è rigidi e didascalici).

Bastien Vives, che è anche giovanissimo, secondo me  ha questo tipo di coraggio, ed è estremamente abile a gestirlo perché chi ha l' "occhio" da addetto ai lavori, non può non dire che Bastien non sappia disegnare! (tra l'altro l'ha dimostrato anche in fumetti come Hollywood Jan). Sotto il suo disegno c'è struttura, c'è senso della narrazione, c'è l'inquadratura, l'impaginazione, il gusto. Se poi, via via, semplifica, ricercando un segno sempre più fresco (ma povero), questo non significa che sia "disonesto" nei confronti di un pubblico che, in ogni caso, continua ad apprezzarlo. Perché, ripeto, secondo me è disonesto solo chi prende una foto e la ricalca.

Da autori abbiamo una responsabilità nei confronti del mercato e del pubblico che è quella di trascinare il medium a livelli sempre nuovi. Questa ricerca, è plausibile pensare porti a commettere errori in misura maggiore rispetto al non compierli adagiandosi sulle nostre certezze "tecniche", è più facile fare "sempre la stessa cosa", piuttosto che correre il rischio di fare una cosa "mai vista"; se poi vi rompe comprare un fumetto che costa 15 euro e che leggete in 15 minuti perché completamente privo di dialoghi, beh non compratelo!!!


10 commenti:

  1. BRA-VO

    vuoi scrivere qualche articolo per lospaziobianco.it?

    :-D

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  2. oh grazie Davide!!!!! :D subito ad approfittarne eh? :D eheheheheheeehhehe
    credo di non essere in grado di scrivere degli articoli veri e propri eh!...mmm..ci penso! casomai vi proporrò qualche scritto e mi dite che ve ne pare! :)

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  3. guarda che questo con o senza editing sarebbe già perfetto; è un editoriale sul fumetto "d'autore" che viene premiato
    e non scherzo

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  4. wow ti super ringrazio Davide!, beh, allora, quando mi verrà in mente qualcosa di intelligente di cui parlare, ti farò un cenno! ;))))


    Ila: "bbboni, stttate bbboni! non famo la curva sud!"...:D ;)))grazie!!

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  5. sono disonesta, rigida e didascalica... ma niente "botto" lo stesso... :(

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  6. domani vi spiego come fare il botto! :D...anzi..seguitemi in tv, su "italia 7", alle 00.00, mi vedete sotto l'appellativo di "MAGO MANU" ma sono sempre io, tranquilli!

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  7. Nooo, minchia ora ti troviamo pure sullo spazio bianco!!! ;D
    Bravo Manu, sempre interventi stimolanti.
    La cosa bella è che comunque la rigiri saranno tempo e pubblico a dire la loro sul lavoro di Vives, come sull'opera di chiunque.

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  8. Bell'articolo Ema.
    Mi ritrovo in un certo senso coinvolto nelle parole da te espresse. Allo stesso tempo sono consapevole che qui in Italia è sempre più standard questo tipo di modus operandi degli editori tant'è che mi sto muovendo su altri mercati anche se capita anche altrove talvolta.
    E' ovvio che è un terno al lotto. Le idee che esponi devono coincidere con la richiesta del pubblico che a sua volta è condizionato da ciò che va "di moda" al momento. Ma è solo un esempio. Sono tante le coincidenze.
    E' chiaro che un'autore, trovato lo spiraglio per essere come dire... "accettato", si sfoghi il più possibile come nell'esempio da te riportato. E li per l'appunto è un'altra la sfida che lo attende: L'autocontrollo e la capacità di non "uccidersi" da solo.
    Tanto di cappello a Bastien Vives, che non solo continua ad essere apprezzato... ma lo fa anche utilizzando una stilizzazione personale del suo stile che per come la penso io è il PUNTO DI ARRIVO.

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